sabato 4 aprile 2015

Schubert dalla parte dell'asino

La grandezza di una nazione e il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali.
Gandhi

Nei film di Bresson in generale si sentono pochissimi dialoghi. Anche (e forse soprattutto) questo accade in Au hasard Balthazar, in cui il protagonista, Balthazar, è un asino.

Ma anche qui, come in tutti i suoi film, fondamentali diventano i suoni e la musica.

Si sentono continuamente suoni su cui riflettere, come le frustate, che segnano la fine delle illusioni dell'infanzia felice, o il contrasto tra il passo del somaro e il rombo di motori di motociclette e automobili, che all'aumentare della velocità sbandano tanto quanto il somaro.

E spesso i suoni, anzi i rumori, esprimono violenza, violenza che non necessita di commenti verbali.

La musica ricorrente nel film è un brano di Schubert, l'Andantino della sonata per pianoforte n. 20 nelle sue varie sezioni. Una musica del periodo romantico, un periodo in cui si indagavano il sentimento, l'irrazionale, il sublime, nel paesaggio, nell'uomo, e si cercava di esprimerli nell'arte. L'estetica di Schubert rende sempre molto efficacemente tutto questo.



Il film di Bresson però non guarda al paesaggio, le inquadrature sono quasi sempre molto ravvicinate, e il protagonista è un animale, per cui apparentemente non guarda all'uomo, se non metaforicamente, poiché la condizione dell'asino, rappresenta in modo più che evidente la condizione umana.

Il film sembra inoltre evitare con cura qualunque tipo di sentimentalismo. Ma quando in varie scene del film si sente quella musica, dalla melodia semplice e sublime con varie note fisse nell'accompagnamento,


succede qualcosa di più forte di noi che ci commuove anche se il protagonista è immobile, come se entrassimo nella sua stessa psiche. È una musica con vari elementi discendenti, sia nella melodia che nell'accompagnamento (es. il "doloroso" semitono della melodia), che sembrano imitare il pianto.

Ancora più potente emerge di conseguenza un terzo elemento della musica romantica, l'irrazionale, il caso, e anche la violenza che dominano le vicende umane.



Nella scena finale, in cui Bathazar ferito muore tra le pecore - che come lui nel film sono metafora degli uomini, con la loro indifferenza verso il destino dei propri simili (a un certo punto sembrano dargli le spalle!), espresso dal suono dei campanacci, dal suono dell'erba calpestata, dal latrato dei cani- l'ascolto simultaneo di suoni e musica raggiunge il suo culmine estetico: il brano di Schubert si sente mescolato con i suoni, i rumori; il sublime e il volgare coesistono, la melodia di un canto accompagnato, ordinata, semplice, raffinata, sia pure un po' ossessiva e lamentosa, contro il suono caotico, casuale, per molti versi sgradevole dei campanacci e di tutto il resto, in forte contrasto insomma, un suono volgare nel suo essere "funzionale" alla pastorizia, con le pecore numerose, rumorose, mobili, "vive", contro il morente, immobile, silenzioso e solitario asino.

In quella scena noi con Schubert ci sentiamo dalla parte dell'asino.

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