domenica 20 aprile 2014

L'impertinenza di un Mi bemolle

Nella penultima battuta del preludio in FA maggiore op. 28 n. 23 di Chopin, proprio quando ormai il brano è finito, proprio quando la tonalità d'impianto è definitivamente raggiunta, c'è una nota che la rimette in discussione, la lascia in sospeso e continua a vibrare interrogativa proprio sull'ultimo accordo.


E' un Mi bemolle, la nota che costituisce la settima di dominante nell'accordo di Fa maggiore, ma che qui non fa parte dell'armatura tonale, né può tentare di confondersi nel groviglio delle altre note dell'arpeggio di Fa maggiore.

Non è certo una svista da manoscritto frettoloso, poiché su quella nota Chopin ha messo un'alterazione (un bemolle appunto) e un accento espressivo.

Essa costituisce una provocazione che appare tanto più profonda quanto più quel preludio è breve (un minuto appena).

Quella nota è come una stellina impertinente che strizza l'occhio proprio alla fine del brano, brillando improvvisamente, solitaria, e che attira la nostra attenzione nell'immensità del cielo che stavamo contemplando globalmente (l'accordo pedalizzato di Fa maggiore), come se avesse la risposta che noi cerchiamo, oppure come se fosse lei la domanda giusta da porsi, in un brano peraltro sereno.

Cortot, come altri, ma più di altri pianisti, fa sentire quel Mi bemolle molto distintamente nella sua esecuzione e gli dà un colore molto netto rispetto alle altre semicrome che lo circondano, ma che non hanno quell'accento, quella provocazione…


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