venerdì 4 aprile 2014

La corona di spine di Galileo

Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio
e gli radunarono attorno tutta la coorte.
Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto
e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo,
con una canna nella destra;
poi mentre gli si inginocchiavano davanti,
lo schernivano: «Salve, re dei Giudei!».
(Matteo, 27, 27-29)

"Anvedi quello! Ma dove va? E' mascherato!" (fischi)
(da "Galileo" di Liliana Cavani)


Nel finale del film "Galileo" (1968, anno-simbolo di "rivoluzioni"), la regista Liliana Cavani rappresenta l'abiura dello scienziato come una specie di Via Crucis. Rispetto al resto del film, dall'andamento narrativo piuttosto lineare, l'atmosfera in quella scena si fa improvvisamente irreale, ha il sapore e il senso di smarrimento di un incubo kafkiano e allo stesso tempo l'ineluttabilità di un rituale sacro.

Galileo inizia il suo triste percorso di espiazione verso il tribunale in groppa ad un mulo, come Gesù che entrò glorioso in Gerusalemme, ma in un'ottica ribaltata, ossia evidentemente per umiliarlo.

Poi c'è il vestito, ben lontano dalle palandrane da insegnante del '600 (precedentemente Galileo le aveva disprezzate come simbolo di una scienza imbrigliata nelle superstizioni del passato), ma più simile al camice di un internato di manicomio (gli misero addosso un manto scarlatto), ma soprattutto colpisce la tiara papale che gli viene posta sul capo, novella corona di spine, per colui che si ritiene evidentemente, nella sua smisurata e sacrilega ambizione, non tanto "il re degli scienziati" quanto il "messia di una nuova verità", rivelata non attraverso lo Spirito Santo, ma attraverso l'ESPERIMENTO. Uno dei simboli del potere del capo della Chiesa, la tiara appunto, viene posto anche qui in testa a colui che ha osato sfidare quel potere.

E sembra come se la Chiesa non avesse capito nulla del suo testo di riferimento, il Nuovo Testamento, ricadendo nella stessa pantomima in cui caddero gli Ebrei nei Vangeli, non riconoscendo il "Messia" di una nuova verità, quella scientifica.

Il risultato -come nel Vangelo appunto- risulterà paradossale col senno di poi: l'apparente umiliazione e sconfitta diventerà in un secondo momento una straordinaria vittoria, e comporterà una resurrezione.

Si dimostra anche la capacità di Galileo di "essere" un cristiano fedele fino in fondo: sembra infatti seguire l'esempio di umiltà di Cristo, non sacrificandosi fisicamente (come Bruno), bensì sacrificando il suo pensiero, che sarebbe tuttavia presto o tardi risorto.

Una parola importante nel film (ovviamente lo è stata in generale per la figura filosofica che Galileo rappresenta), è la parola ESPERIMENTO, momento fondamentale del metodo scientifico, a cui si dà all'epoca per la prima volta un'importanza rivoluzionaria; essa è la parola che avrebbe potuto salvare Bruno (si deduce nel film), essa fa anzi proprio la differenza tra Galileo e Bruno, poiché pone fuori dall'uomo -e quindi dalla ragione pura, invisa alla Chiesa- la responsabilità di alcuni dati offerti dalla natura. Tant'è che il dialogo di Galileo non venne messo al bando (apparentemente) per il merito delle questioni che trattava, bensì per una questione "burocratica", ossia l'impegno, preso e tradito (sia pure senza averlo sottoscritto), col cardinale Bellarmino anni prima, di non rimaneggiare idee di Copernico.

Questa rivoluzione di Galileo ricorda una tattica degli scacchi, il cosiddetto "zugzwang" (traduzione dal tedesco: "costretto a muovere"), l'unica tra le tante possibili tattiche che lo scacchista può adottare, che prevede una mossa apparentemente non offensiva, ma allo stesso tempo che mette l'avversario nelle condizioni di muovere procurandosi inevitabilmente una posizione svantaggiosa: essa lo condurrà alla sconfitta, indipendentemente dal tempo necessario per raggiungerla.
A differenza di Bruno che "dichiarava" una nuova verità delle cose, attaccando apertamente la difesa che la Chiesa faceva a spada tratta del sistema aristotelico-tolemaico, Galileo con il suo "esperimento" adotta una tattica appunto "attendista", che sul medio-lungo termine lo condurrà alla vittoria, o meglio condurrà la Scienza alla vittoria contro l'oscurantismo e l'autoritarismo della cultura cattolica dell'epoca.

Nel finale del film un'altra parola colpisce molto l'immaginazione, poiché il Galileo di Cyril Cusack, molto drammaticamente, la ripete: del testo dell'abiura egli ripete amaramente e incredulo la parola SOSPETTO, una parola in netto contrasto, poiché in cattiva fede, con un'altra parola cardine del metodo scientifico, ossia l'"ipotesi", alla quale seguirà il già citato "esperimento", solo a seguito del quale, ottenute delle prove, si potrà formulare una "legge", una "sentenza", circa la presunta verità delle cose.

Nel 1793 proprio una Legge "dei Sospetti" trasformerà anche un'altra Rivoluzione in Terrore.


(Finale del film "Galileo" di Liliana Cavani)


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