giovedì 5 maggio 2011

Dracula: Tappe fondamentali della filmografia


Il mito di Dracula ha attraversato il cinema sin dall'inizio del cinema stesso, tanto che ad oggi i film su questo personaggio, o quelli che ad esso fanno riferimento, sono circa 700 nella filmografia mondiale. Una produzione sterminata, comparabile forse solo a quella dedicata a Sherlock Holmes, che però non vanta certo altrettanti capolavori.

Il libro scritto da Bram Stoker nel 1897, appena due anni dopo l'invenzione del cinema da parte dei fratelli Lumiére, risulta essere il più letto addirittura dopo la Bibbia.

In questa sterminata filmografia si segnalano alcuni titoli fondamentali, per il valore che hanno come opere d'autore, oppure per il loro contributo nella definizione del personaggio nell'immaginario collettivo.


Murnau

Il primo titolo è senza ombra di dubbio "Nosferatu, eine Symphonie des Grauens", film muto del 1922 diretto da Friedrich Murnau, che in Italiano viene tradotto "Nosferatu il vampiro", ma il titolo letteralmente si dovrebbe tradurre "Nosferatu, una sinfonia degli orrori", con un esplicito riferimento musicale.

Il film riprende la trama del romanzo epistolare di Bram Stoker, ma cambia qualche nome (Conte Dracula diventa conte Orlok, Mina diventa Nina, ecc.) per evitare problemi di copyright, che però il regista ebbe comunque, anzi fu costretto a distruggere tutte le copie del film, ma una fortunatamente riuscì a salvarla…

Il film è un capolavoro assoluto del cinema espressionista degli anni '20 che aveva nel cinema dell'orrore o fantastico un filone molto prolifico, pensiamo ad esempio a film fondamentali per tutta la storia del cinema come "Il gabinetto del dottor Caligari" di Robert Wiene, o "Freaks" di Tod Browning, o "Metropolis" di Fritz Lang. L'estetica espressionista nel film si può riscontrare nella ricerca di tagli violenti per le ombre, con i bianchi abbacinanti di vesti, lenzuola e volti esangui, in contrasto con i neri del buio più cupo e della silhouette dell'ombra del vampiro, o nei movimenti corporei contratti degli attori nei momenti di massimo terrore, insieme con i tipici occhi sbarrati particolarmente evidenziati dalle occhiaie, che il trucco fa risaltare. Le occhiaie e la testa pelata del vampiro ispireranno in seguito l'icona cinematografica dello zio Fester della Famiglia Addams, celeberrima serie tv degli anni '60.

Oggi ci appare un po' ridicolo il vampiro che se ne va in giro per la città con la sua bara in mano...

Una delle trovate più famose per la creazione della scenografia di "Nosferatu" è quella di usare il negativo di una foresta, in modo da avere gli alberi e il cielo di un colore innaturale e spettrale.

In questo film le sembianze del vampiro richiamano più quello di un ratto, con dei lunghi incisivi, piuttosto che i lunghi canini a cui siamo successivamente stati abituati.

Il video completo del film è in streaming su Google Video

http://video.google.it/videoplay?docid=-6185283610506001721&q=&hl=it#


Bela Lugosi, la prima icona

La vera icona del vampiro è stata creata da "Dracula" di Tod Browning, con Bela Lugosi nei panni del conte, primo film sonoro sul vampiro, di grandissimo successo e fondamentale nella definizione del personaggio cinematografico, ma che oggi appare molto debole, e poco avvincente, con una sceneggiatura piuttosto banale, sebbene alcune battute siano state riprese identiche in molti film successivi (“Le creature della notte, è musica per i miei orecchi!” oppure "Non bevo mai… vino…”) e alcune scene siano state ricalcate da Coppola (che fa andare il conte al cinema, mentre qui si reca a teatro). Il film di Browning pare invecchiato molo male a differenza del “Nosferatu” di Murnau. Tuttavia Bela Lugosi entrò prepotentemente come icona definitiva del vampiro, più di quel vecchio con i baffi bianchi descritto nel romanzo di Stoker. Per fare un esempio basta notare la somiglianza straordinaria tra il Dracula di Bela Lugosi e quello creato da Neri Parenti nel film comico del 1985 "Fracchia contro Dracula", con Paolo Villaggio (nella parte della vittima ovviamente).


L'altro vampiro

Un titolo invece meno noto, meno legato al romanzo di Bram Stoker, anzi ispirato proprio al precursore di questo romanzo ossia "Carmilla" di Joseph Sheridan Le Fanu, ma molto importante per la storia del cinema è "Vampyr", ancora oggi di grande impatto emotivo come tutti i film del regista C.T. Dreyer (Ordet, La passione di Giovanna d'Arco), il più importante regista danese, l'unico regista famoso della Danimarca, prima dell'oggi ben noto Lars von Trier (Le onde del destino, Dancer in the Dark, Dogville).


Christopher Lee, vampiro per vent'anni

Dagli anni '50, per quasi vent'anni, Dracula è invece Christopher Lee (ce lo ricordiamo in interpretazioni più recenti come il conte Dooku di “Star Wars” o il Saruman de “Il Signore degli Anelli”), protagonista di una vera propria saga in 12 episodi molto popolare all'epoca, la prima con il conte a colori. Il primo titolo è "Dracula il vampiro" del 1958 di Terence Fischer, Anch'esso un titolo invecchiato male, ma fondamentale per la definizione del personaggio nell'immaginario collettivo, forse anche per l'insistenza con cui è stato riproposto in tutta la saga. La sceneggiatura è molto più studiata e a tratti poetica (Jonathan arrivato al castello scrive che "Il castello appariva normale nel caldo sole, e tutto sembrava normale, eccetto una cosa: non c'erano uccelli che cantavano."). Il castello in questo film è sinistro in modo diverso dagli altri film, non ci sono ragnatele o polvere ovunque, anzi è tutto piuttosto pulito e ordinato, ma Jonathan dice che "fa freddo". Per la prima volta in questo film si cominciano a vedere bene i buchi sul collo e i rivoli di sangue. Nel film vengono teorizzati e codificati esplicitamente contro il vampiro l'uso della luce, dell'aglio, del crocifisso.



1979: l'anno dei remake

Trovo piuttosto curioso che nello stesso anno, il 1979, si girassero due remake dei più vecchi film su Dracula: il “Nosferatu, Principe della notte” di Herzog sul film di Murnau e il “Dracula” di Badham sul film di Browning, coinvolgendo in entrambi i casi dei cast piuttosto impegnativi.

Il "Nosferatu, Principe della notte" di Herzog è un'opera originalissima è ancora oggi molto interessante, in assoluto quella che preferisco su tutte, per il livello artistico, le interpretazioni e anche il gusto horror. Il fascino terrificante del film deriva dalla natura stessa dello stile di Herzog, che riesce a trarre significati sublimi da una visione realistica delle cose, attraverso un'approccio di tipo documentaristico (lui stesso dice di non distinguere facilmente tra i suoi documentari e i suoi film), riscontrabile per esempio nelle inquadrature iniziali sui corpi mummificati come le riprenderebbe un archeologo, le riprese sugli scorci, i ponti, il fiume della città di Wismar, i gattini che giocano con la foto di Lucy, i panorami delle montagne della Transilvania, le immagini in ralenti del volo del pipistrello (tratte in realtà proprio da un documentario su questo animale), le passeggiate di Lucy per la città appestata sembrano riprese giornalistiche di cronaca di guerra.

Nel cast oltre al luciferino contributo di Klaus Kinski (impagabili i movimenti delle sue mani unghiute), figurano Bruno Ganz (L'angelo de "Il cielo sopra Berlino, il vecchio di "Pane e tulipani"), e la bellissima Isabelle Adjani con un trucco che ne valorizza lo straordinario candore della pelle. Segnalo anche l'interpretazione di Roland Topor, il miglior Renfield in assoluto, soprattutto nel doppiaggio originale.

La causa del male nel film è attribuita alla peste, elemento nuovo che cerca di impedire alla trama del film di sconfinare completamente nel soprannaturale, e le quantità bibliche di topi che la portano sono degne degli "Uccelli" di Hitchcock.

Tuttavia, mentre la figura del Nosferatu di Murnau profetizzava l'avvento della tirannia in Germania e non solo, in Herzog il vampiro-ratto è la tipica figura herzoghiana di emarginato della società, alla ricerca di qualche forma di accettazione da parte di qualcuno, forse metafora di una Germania che cerca di risollevarsi dall'isolamento postbellico, almeno attraverso il cinema.

Il film vuole essere un remake, del film di Murnau, e la maschera di Klaus Kinski è molto simile al "ratto" di Murnau, ma si riesce ad andare anche molto oltre il rifacimento del vecchio film. Le ragioni per la scelta di questo titolo da parte di Herzog appunto sono legate al tentativo di dimostrare la rinascita del cinema tedesco (con Wenders, Fassbinder, Von Trotta ed Herzog stesso) dopo il lungo periodo di crisi dovuto alle conseguenze della sconfitta della Germania nella la seconda guerra mondiale. E' come se questo film volesse dire: ripartiamo dal meglio della Germania, da Murnau per esempio.


Un altro film che trovo piuttosto importante, invero più per il cast e le intenzioni che per il risultato estetico, è "Dracula" di John Badham (reduce dalla regia di “La febbre del sabato sera con John Travolta) del 1979, remake del film di Browning del '31, con attori importanti come Frank Langella che ricordo come il cattivo nella "Nona Porta" di Polanski o come Nixon nel più recente "Frost/Nixon - il duello", Laurence Olivier, forse il più importante attore che l'Inghilterra abbia mai avuto sia per il teatro che per il cinema (Enrico V, Amleto) e Donald Pleasance.

Il film inaugura l'uso della soggettiva dal punto di vista del vampiro, come quelle degli assassini che stava creando negli stessi anni il nostro Dario Argento; essa verrà ripresa da Coppola, come anche la scena del conte con Lucy nella stanza illuminata da molte candele che sembrano fluttuare nel buio e anche il “il battesimo del vampiro” con Lucy che beve il sangue dal taglio che Dracula si fa sul petto.

Il film risulta oggi addirittura meno vedibile di quello di Browning, nonostante sia così tanto più recente, Langella fa del suo meglio e la regia ha talvolta delle trovate interessanti, ma il film non decolla mai, né per intelligenza né per paura. La trama del libro viene inoltre privata di parti classiche come la visita iniziale di Harker al castello del conte, o il finale che qui si svolge su una nave.


Parodie

Voglio segnalare almeno tre titoli di film che giocano amabilmente su tutti gli stereotipi della storia del Conte Dracula al cinema: “Per favore non mordermi sul collo” del 1967 di un giovane Roman Polanski (prima del vero orrore di “Rosemary's baby”), il già citato e italianissimo “Fracchia contro Dracula” di Neri Parenti del 1985 e infine “Dracula morto e contento” di Mel Brooks del 1995, con Leslie Nielsen.


Coppola

Parlare del film di Coppola "Bram's Stoker Dracula" del 1992 appare un'operazione assai complessa, in quanto il film è una sintesi di tutto quello che c'è stato prima, non fa quindi solo riferimento al libro, ma raccoglie un'eredità cinematografica importante. Si riesce infatti a seguire quasi fedelmente la trama del romanzo, anzi in assoluto questa è la trasposizione più fedele e ricca di particolari, ma vi si aggiunge anche l'attenzione all'influenza e al peso che il personaggio ha avuto nella storia del cinema stesso di cui si parlava all'inizio, insieme con tutto quell'immaginario horror ormai acquisito nei precedenti vent'anni di slasher movies (quelli stile “Nightmare” o “Venerdì 13” per intenderci). Il film fonde quindi la figura romantica e affascinante del vampiro con quella più prettamente sanguinaria.

Le citazioni dei titoli precedenti rendono il film leggibile anche come compendio storico: la silhouette del conte che viene da una direzione diversa rispetto al conte stesso all'inizio del film sembra quella di Murnau, le parole che usa il conte sono molte volte le stesse che aveva pronunciato Bela Lugosi.

Il film servì a risollevare finanziariamente la Zoetrope, ditta di produzione di Coppola, che aveva già tentato il colpo (fallendo) con il terzo capitolo del Padrino nel 1990, dopo i film di successo modesto girati da Coppola negli anni '80, soprattuto se confrontati con i fasti degli anni '70 (i primi due Padrini, La conversazione, Apocalipse now).

Un'altra curiosità è la censura che subì uno dei trailer del film a causa dell'eccessiva presenza di sangue…

Il film vanta un cast eccezionale: Dracula è Gary Oldman ("Rosencratz e Guildestern sono morti", il terrorista di Air force One, il commissario Gordon dei "Batman" di Christopher Nolan), Van Helsing è Antony Hopkins (celeberrimo il suo Hannibal Lecter), Jonathan Harker è Keanu Reeves (il Neo di Matrix), Mina è Winona Ryder ("Edward mani di forbice", "Autumn in New York"), mentre una delle vampire è la nostrana Monica Bellucci.

Una certa attenzione meritano anche le terrificanti musiche del polacco Wojciech Kilar (“La nona porta”, “Il pianista”, “Ritratto di signora”).

Un manierismo cinefilo si vede in trovate come l'occhio sulla penna di pavone che diventa un tunnel, il trenino sopra il diario subito dopo, gli occhi del conte che appaiono spesso nel cielo, le luci sulle mappe o sulle lettere, con immagini all'interno, le ombre costantemente in movimento del conte.

Questo è il primo film che pone un'attenzione ai costumi, lussureggianti o con rimandi pittorici (come “il Bacio” di Klimt) e alle acconciature dei capelli del conte che spazzano via l'immagine del conte a cui siamo tradizionalmente abituati (quella del conte sempre in smoking o mantello nero con capelli neri lucidi, di Lugosi e Lee per intenderci).

Il film riesce per certi aspetti a "migliorare" addirittura la storia del romanzo, conferendogli una circolarità pressoché inedita (se ne trova traccia nel film di Badham) che scaturisce dal suggerire nel personaggio di Mina la reincarnazione di Elisabetta (l'antica moglie del conte) e in quello di Van Helsing la reincarnazione di uno dei sacerdoti ortodossi che si vedono all'inizio, interpretato infatti dallo stesso Antony Hopkins. Anzi proprio con questa trovata il film può proporsi ad un pubblico ultraromantico già attraverso il sottotitolo "Love never dies" ("L'amore non muore mai").

La recensione del film di Coppola sul dizionario dei film di Farinotti si concludeva con la frase "E ora chi oserà realizzare ancora un film su Dracula?". Qualcuno ha osato, ma non ci sono stati finora titoli memorabili e nessuno, dopo Coppola appunto, cioè dal 1992, è riuscito a dare attraverso la storia del conte-vampiro un contributo originale (come forse piacerebbe dire a Truffaut) "sia alla visione della trama, sia alla visione del cinema".


2011

Ad oggi sono in lavorazione ben tre film basati sul romanzo di Stoker. Il più importante e ambizioso è un progetto di Dario Argento “Dracula 3D”, di cui si sa solo che sarà in 3D e che Van Helsing sarà interpretato da Rutger Hauer. Un'altro è una produzione di Leonardo Di Caprio, “Harker”, in cui Jonathan è un detective alla ricerca di Dracula per conto di Scotland Yard. L'ultimo è “The last voyage of Demeter” (L'ultimo viaggio del Demeter) con Jude Law e Ben Kingsley, ambientato sulla nave Demeter, quella che, trasportando portando le casse e il conte a Londra, arriverà senza equipaggio. Mediamente i film su Dracula che fanno storia escono ogni vent'anni. Sarà questa la volta buona?

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